Ricerca clinica e impatto ambientale: è tempo di agire

Ricerca clinica e impatto ambientale: è tempo di agire

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Nella lotta per la salvaguardia dell’ambiente anche la ricerca clinica può contribuire al contenimento delle emissioni di CO2


Anche lo svolgimento della ricerca clinica contribuisce all’inquinamento mondiale e che questo sia ormai un tema da affrontare è sempre più evidente, anche alla luce del recentissimo rapporto dell’IPCC in cui le attività dell’uomo sono inequivocabilmente indicate come causa principale dei recenti cambiamenti climatici.

L’idea che una sperimentazione clinica abbia un impatto sull’ambiente non è un concetto nuovo, già nel 2007 infatti il gruppo per la sostenibilità della ricerca clinica (Sustainable Clinical Trials Group)   pubblicò i primi dati al riguardo, identificando i punti più critici nel mantenimento operativo dei locali della ricerca e nei frequenti viaggi aerei. In un recente articolo su the Lancet il tema viene riportato all’attenzione dei ricercatori. Negli anni, diversi studi clinici pragmatici Copia di Studio pragmatico 1hanno valutato i risultati di alcune delle proposte formulate in passato, come il più veloce arruolamento dei pazienti e un data entry web—based, evidenziando come poco o nulla sia effettivamente stato fatto. Ma l’attuale sensibilità sul tema è certamente migliorata e sempre più persone, aziende e istituzioni, stanno indirizzando i loro sforzi per ridurre il loro impatto ambientale. Ad esempio, il servizio sanitario inglese (NHS) ha preso l’impegno di raggiungere l’emissione zero nelle attività di ricerca entro la metà di questo secolo. Sulla base di un calcolatore sviluppato dalla Sustainable Healthcare Coalition è possibile anche quantificare l’impatto della ricerca clinica.

Prendendo in esame gli oltre 350000 studi registrati nella banca dati clinicaltrials.gov, questi sarebbero responsabili di un’emissione pari a 27.5 milioni di tonnellate di CO2, un numero enorme, corrispondente all’attività di alcune decine di milioni di persone.

A fronte di questi dati risulta quindi difficile ignorare il problema e nell’articolo gli autori lanciano alcune proposte. Innanzitutto dovrebbe essere migliorato e validato il modello di calcolo d’impatto. Su questo c’è già un grosso impegno della già citata Sustainable Healthcare Coalition che potrebbe essere ulteriormente supportato. Ma oltre il modello si deve anche pensare a come valutare, e premiare, coloro che si impegnano nel contenimento delle emissioni. E qui le proposte dovrebbero essere rivolte ai valutatori, di vario livello. Da una parte le istituzioni che erogano finanziamenti potrebbero iniziare a valutare positivamente anche il parametro dell’impatto ma, in generale, la responsabilità di una valutazione in questo senso dovrebbe essere condivisa anche con i Comitati etici, prima, e con gli editori scientifici, poi. 

Rimane, onestamente, difficile immaginare come nell’immediato futuro si possa arrivare ad una progettazione di uno studio ad impatto zero ma quello che è certo è che stiamo vivendo una crisi climatica senza precedenti e non è più possibile trascurare il tema ambientale, anche nella ricerca clinica.

 

 

Photo by Markus Spiske on Unsplash


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