Lo scorso 7 febbraio, insieme ai decreti dedicati alla riforma dei comitati etici e alla tariffa unica, è stato pubblicato anche il tanto atteso decreto di regolamentazione della fase transitoria (DM 27 gennaio 2023).
Tanto atteso quanto complesso ad analizzarsi. Del resto era quantomeno prevedibile che una transizione alla base di un totale cambio di visione e mentalità nel concepire la ricerca (da una dimensione nazionale ad Europea, da una gestione a livello di singolo centro ad una omogeneità su tutto il territorio) portasse con sé confusione e una prima fase molto più vicina ad un attacco di panino che ad una gestione programmatica del lavoro.
L’intento alla base è sicuramente nobile: applicare le semplificazioni portate dal Regolamento 536/2014 – primo tra tutti un parere unico a valenza nazionale – anche agli studi sottomessi secondo Direttiva 2001/20/CE.
Solo che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare; un mare di procedure portate avanti nel tempo in maniera non totalmente corretta e quantomeno un lago di prese di posizione rispetto al “si è sempre fatto cosi”.
IL DECRETO DEL 22 GENNAIO 2023
Ma cosa prevede, di fatto, il decreto entrato in vigore il 22 febbraio 23 e rivolto a regolamentare la gestione delle sperimentazioni cliniche presentate tramite OssC ai sensi della Direttiva 2001/20/CE?
Il testo contempla due differenti modalità di rilascio parere, a seconda che le richieste di valutazione siano state sottomesse prima o dopo l’entrata in vigore del decreto.
Transizione “soft” per domande di autorizzazione ed emendamenti sostanziali la cui procedura di valutazione risulti già avviata prima del 22 febbraio e sia già stato rilasciato il parere favorevole da parte del comitato etico coordinatore (Parere Unico): tale parere risulta valido per tutti i centri coinvolti in assenza di un formale diniego di tale parere, da parte dei comitati etici satellite, nei 30 giorni successivi. Nel caso, invece, i tempi di valutazione da parte dei comitati satellite siano già scaduti, ad essi verranno concessi ulteriori 15 giorni (deadline 9 marzo 2023) per caricare il parere in osservatorio, dopo si applica il silenzio assenso.
Nel caso, invece, di richieste di emendamento presentate dopo il 22 febbraio, la procedura prevede il coinvolgimento di un solo comitato etico, che si configurerà con il comitato etico coordinatore fino al prossimo 6 giugno (data in cui dovrebbero concludersi le nomine dei componenti dei 40 comitati etici territoriali, CET), successivamente con un CET o con uno dei comitati etici nazionali (CEN) a seconda degli ambiti di competenza. L’iter di valutazione seguirà la “filosofia” del Regolamento 536/2014: AIFA valuterà tutti gli aspetti ricompresi nella parte I, i CEN/CET (e prima di loro il CE coordinatore) analizzeranno il protocollo e tutti gli aspetti (es consensi informati) ricompresi nella parte II. CEN e CET, inoltre, saranno destinatari esclusivi di emendamenti notificati e di emendamenti centro specifici (es cambio PI, aggiunta centri).
La documentazione (modello di domanda, documentazione del paziente e sinossi obbligatoriamente in italiano, altri documenti in inglese) continueranno ad essere caricati in Osservatorio, con l’obbligo da parte dei centri/comitati etici – finalmente lo dice la legge! – di dismettere eventuali portali aggiuntivi. La tariffa da versare, in caso di studi profit, sarà unica, in accordo a quanto stabilito dal decreto tariffa unica (DM 30 gennaio 2023). AIFA e CET/CEN/CE coordinatore avranno a disposizione 35 giorni per la valutazione. In caso di richieste aggiuntive, il promotore avrà a disposizione 15 giorni per la risposta nel caso le obiezioni provengano dal CE, 30 nel caso provengano da AIFA. Se tale tempistica non viene rispettata, la domanda è da considerarsi decaduta.
La decisione dovrà essere caricata in osservatorio dal comitato entro massimo 3 giorni; per AIFA può considerarsi il silenzio assenso a meno che non si tratti di terapia genica, cellulare somatica o OGM.
Ai promotori, inoltre, viene chiesto di rendere disponibile al CE “unico” (sempre a mezzo OsSC) l’ultima versione di eventuale documentazione centro specifica precedentemente approvata.
Tutto semplice? Non cosi tanto visto che AIFA ha provveduto a pubblicare una nota di chiarimenti ed un documento di Q&A.
Si pongono, poi, numerosi problemi legati a “bad practices” passate:
- I comitati satellite avrebbero dovuto, per emendamenti sottomessi prima del 22 febbraio, semplicemente approvare o rifiutare il parere unico. Se invece hanno scelto – procedura molto di moda – di emettere un parere favorevole con prescizioni? Come si deve comportare il promotore, assecondare o ignorare?
- L’epoca del “mio comitato” ha fatto si che le tempistiche di validazione degli studi spesso non venissero calcolate a norma di legge ma in accordo al completamento delle procedure (accessorie, non previste dalla norma e sicuramente non di pertinenza del CE) sugli eventuali portali aggiuntivi. Di fatto i termini per l’accettazione/rifiuto del parere unico nella stragrande maggioranza dei casi sono già scaduti, benché i CE continuino a fare orecchie da mercante. Anche in tal caso cosa deve fare il promotore?
- Dovremo rinunciare a tutta una serie di peculiarità centro specifiche di documenti, più di forma che di sostanza a dirla tutta. Siamo pronti?
- Non avremo più un contatto diretto con la segreteria scientifica del “mio CE”; questo si tradurrà in una necessità ancor maggiore, presso i centri, di professionalità che affianchino l’attività del clinico, specialmente di quelli che vogliono promuovere degli studi. Dove sono queste figure fantasma?
Abbiamo chiesto a gran voce i decreti attuativi, ora li abbiamo. Serve, da parte di tutti, una cosa ancor più importante: la buona condotta.