Sono stati recentemente pubblicati su The Lancet i risultati di uno studio di fase III che aveva lo scopo di comparare l’efficacia e la sicurezza dei due farmaci biologici, ustekinumab e adalinumab, nei pazienti affetti da malattia di Crohn da moderata a grave.
La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica del tratto gastrointestinale caratterizzata da dolore addominale, diarrea e formazione di ulcere sulla mucosa soprattutto dell’intestino. Viene trattata convenzionalmente con farmaci antinfiammatori come i corticosteroidi e farmaci immunomodulatori come azatioprina e metotrexate. I pazienti che non tollerano o non rispondono alla terapia convenzionale hanno altre possibilità terapeutiche date dai farmaci biologici che agiscono in particolare contro tre molecole implicate nella patogenesi della malattia: il Fattore di Necrosi Tumorale (TNF), l’InterLeuchina 12 (IL-12) e l’InterLeuchina 23 (IL-23).
Tra i farmaci biologici disponibili ci sono ustekinumab, un anticorpo monoclonale che agisce sull’IL-12 e IL-23, e adalimumab, un anticorpo monoclonale diretto contro il TNF. Entrambi sono già stati approvati per la terapia della malattia di Crohn dopo aver dimostrato la loro efficacia nell’indurre la remissione della malattia negli studi clinici.
Ma se entrambi i farmaci sono sicuri ed efficaci sulla malattia di Crohn, come scegliere tra i due?
Perché i medici possano compiere una scelta informata e possano offrire ai propri pazienti la migliore terapia possibile è necessario che abbiano informazioni su quale dei due è più efficace e sicuro e su quali categorie di pazienti. A questo scopo entrano in gioco gli studi clinici comparativi che vengono disegnati per confrontare due farmaci su un gruppo di pazienti con le stesse caratteristiche cliniche.
Ed è quello che è stato fatto dal gruppo di ricerca che ha condotto lo studio clinico di fase III Ustekinumab versus adalimumab for induction and maintenance therapy in biologic-naive patients with moderately to severely active Crohn’s disease, di seguito indicato come SEAVUE (Safety and Efficacy of Adalimumab Versus Ustekinumab for One Year).
Il disegno dello studio comparativo
SEAVUE è uno studio di fase III randomizzato, in doppio cieco e multicentrico che ha coinvolto 18 paesi e 121 centri clinici, tra i quali l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Per decidere quali pazienti potevano accedere allo studio i ricercatori hanno individuato dei criteri, definiti criteri di inclusione, che permettessero di costituire un gruppo il più possibile omogeneo per le caratteristiche cliniche della malattia. Sono stati arruolati 386 pazienti maggiorenni con una malattia di Crohn da moderata a grave, in fase attiva da almeno 3 mesi, con almeno un’ulcera. Inoltre, era importante che i pazienti non avessero mai assunto farmaci biologici e non avessero ottenuto risposta clinica dalla terapia convenzionale.
Una volta selezionati, i pazienti idonei sono stati divisi in due gruppi in modo casuale. Un gruppo di 191 pazienti è stato assegnato alla terapia con ustekinumab mentre un gruppo di 195 pazienti a quella con adalimumab. La somministrazione dei farmaci è stata fatta in doppio-cieco, significa che né i ricercatori né i pazienti conoscevano i gruppi di appartenenza.
Lo studio ha seguito i partecipanti per 52 settimane allo scopo di comparare l’efficacia dei due farmaci nell’indurre la remissione della malattia nello stesso arco di tempo.
I risultati dello studio
A distanza di un anno dall’inizio dello studio il 65% dei partecipanti che hanno assunto ustekinumab e il 61% di quelli che hanno assunto adalimumab hanno raggiunto la remissione clinica della malattia. Inoltre, la percentuale di pazienti che hanno sviluppato infezioni gravi è stata del 2% e 3%.
Non sono, quindi, state evidenziate sostanziali differenze nel profilo di efficacia e sicurezza di ustekinumab e adalimumab nei pazienti con malattia di Crohn da moderata a grave.
Saranno necessari ulteriori studi per comparare i due farmaci in un arco di tempo più lungo e nei pazienti che hanno già assunto farmaci biologici per poter studiare quanto a fondo si spinge l’equivalenza tra ustekinumab e adalimumab.