I dati mostrano che, nonostante la crescente necessità, gli anziani sono poco coinvolti negli studi clinici, anche in quelli delle malattie tipiche delle fasce di età più avanzate.
I criteri di selezione che delineano la popolazione campione in grado di partecipare ad uno studio clinico non prendono in giusta considerazione le persone con età più avanzata e tendono a falsare la conoscenza dello stesso studio. Questo il risultato di un’analisi pubblicata su JAMA che mostra come la situazione non sia migliorata nel corso degli anni.
Già nel 2004, infatti, uno studio ha analizzato le caratteristiche richieste ai pazienti per parteciapre a degli studi clinici, evidenziando come le persone di età superiore ai 65 anni fossero poco rappresentate. Dopo 16 anni una nuova analisi evidenzia come la situazione non si sia modificata nel tempo.
Emerge infatti una considerevole differenza tra la popolazione reale interessata dalla malattia e quella che viene coinvolta nella ricerca clinica tra cui quella dell'età media, più giovane di oltre 6 anni per la ricerca clinica. Una differenza di età solo apparentemente minima, sopratutto per fasce di età più avanzate, e che viene accompagnata dall'assenza di altri fattori, come malattie concomitanti o altre fragilità.
Paziente ideale o paziente reale?
Da una parte, lo sponsor di una sperimentazione clinica desidera che il nuovo farmaco sia utilizzato nelle condizioni migliori, in modo che se ne possano identificare più facilmente le modalità di azione, l’efficacia ed i rischi. In questa ottica è chiaro come una popolazione più giovane, e relativamente in salute, rappresenti una scelta preferenziale rispetto ad un gruppo di anziani più fragili e con altre malattie.
Tutto bene quindi? Tutt’altro. Questo perché al termine di una sperimentazione, sulla scia dei dati raccolti, il farmaco verrà (probabilmente) autorizzato al commercio e quindi utilizzato sull'intera popolazione interessata dalla malattia, incontrando quindi anche le categorie di pazienti più deboli e, per questo, precedentemente escluse dalle fasi di ricerca.
Il ruolo dei criteri di inclusione ed esclusione
Prima di entrare a far parte di una sperimentazione clinica è necessario soddisfare alcuni criteri detti di inclusione ed esclusione. Questi sono necessari per definire e selezionare la popolazione rappresentativa dei pazienti. Però, è stato ormai evidenziato da più parti come questi criteri siano troppo ristretti e volti ad eliminare la gran parte delle categorie di pazienti più a rischio.
Recenti pubblicazioni sembrano evidenziare come alcuni criteri di selezione siano presenti in diversi studi per semplice consuetudine, magari “ereditati” da uno studio precedente anche in assenza di una loro effettiva necessità. Questa eccessiva restrizione viene anche indicata come una delle possibili cause legate alla bassa partecipazione dei pazienti alla ricerca clinica (solo il 5% dei potenziali pazienti vi prende parte).
La stessa FDA (Food and Drug Administration), in un’analisi del 2017 ha certificato come i criteri di inclusione siano spesso costruiti per coinvolgere principalmente pazienti a basso rischio e come gli studi delle aziende abbiano una popolazione con età media più bassa rispetto agli studi finanziati da istituzioni pubbliche.
Su queste basi è quindi nata una comunione di intenti tra la stessa FDA, ASCO (American Society of Clinical Oncology) e l’associazione non profit FOCR (Friends of Cancer Research) al fine di sensibilizzare tutti sulla necessità di avere una minore rigidità nella progettazione dello studio, per allontanarsi dall’ideale del paziente “in forma” ed abbracciare, per quanto possibile, la fragilità del mondo reale.