Nuovi vaccini per COVID-19: utilizzare o meno il placebo nella ricerca?

Nuovi vaccini per COVID-19: utilizzare o meno il placebo nella ricerca?

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Quanto può essere considerato etico l’utilizzo del placebo nell'attuale ricerca di nuovi vaccini? Ne parliamo con il prof. Aldo Pietro Maggioni.

Al mondo servono vaccini contro il COVID-19. Dal nostro – privilegiato – punto di vista di chi vive in una delle maggiori potenze industriali del mondo, questo concetto potrebbe sembrare lontano, per alcuni versi anche inutile. E questo sarebbe un grosso errore di valutazione poiché, anche qualora non si volesse ammettere la necessità etica di offrire una protezione a chi non se la può permettere, bisognerebbe iniziare ad agire anche per puro senso di egoismo, non consentendo ad un virus pericoloso di proliferare – e probabilmente mutare – in gran parte del pianeta. Inoltre, il fatto di vivere in un mondo ampiamente connesso e globalizzato dovrebbe far riflettere su queste zone di incubazione che proiettano ombre minacciose su tutto il mondo, quindi anche sui nostri privilegi.

Ma come proteggere miliardi di persone? Servono vaccini, idealmente oltre quelli che sono già disponibili per aumentare la disponibilità di produzione e distribuzione complessiva.

Tra le molte sperimentazioni cliniche già in corso nel mondo molte sono attive per i vaccini. In questi ultimi mesi, tuttavia, sta emergendo la necessità sempre più forte di modificare qualche cosa nella modalità di ricerca clinica.

Uno studio clinico vuole creare un’evidenza, la prova scientifica di una teoria, nello specifico si tratta spesso di dimostrare l'efficacia del trattamento sperimentale. La metodologia della ricerca ci dice che la comparazione diretta del trattamento sperimentale contro un trattamento inerte (placebo) sia in grado di fornirci l’esatta efficacia del trattamento.

Tralasciando alcuni problemi noti per cui questo placebo, in alcuni casi, potrebbe non essere così inerte come teoricamente atteso, nel caso degli studi sul vaccino il problema si pone ad un livello etico, quindi anche superiore al problema scientifico.

AP MaggioniAbbiamo già riportato l’attenzione su questo tema qualche mese fa ma la situazione sembra essere lontano dall’essere risolta. Su questo punto il prof. Aldo Pietro Maggioni, direttore del centro studi ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) e membro del comitato scientifico di Osservatorio Trial, ha recentemente pubblicato una lettera su Jama internal medicine, esprimendo una serie di riflessioni rilevanti che sollevano diversi punti di vista sull’attuale metodo di ricerca.

Al di là del tipo di placebo che può essere utilizzato nel caso specifico degli studi controllati sui vaccini per il COVID-19, oggi dal punto di vista, non so se definirlo addirittura etico ma certamente metodologico, le problematiche che lei solleva sono fondamentalmente due: è lecito oggi attivare gli studi con nuovi vaccini contro placebo? È lecito oggi fare degli studi di superiorità?

Per il primo punto che riguarda il placebo credo che la cosa venga sostenuta più in linea di principio che non nel concreto. Se era correttissimo fare studi contro il placebo nella prima fase, un anno fa, quando non avevamo niente a disposizione per cui non sapevamo se c'era o non c'era un’efficacia e quindi un profilo di rischio beneficio favorevole ai vaccini, oggi credo che non sia più corretto fare questi studi contro il placebo. Al momento abbiamo dei vaccini con efficacia confermata da ampi studi clinici e, ancora più importante, sul campo. Per cui non credo sia lecito continuare a fare uso del placebo ma piuttosto confrontare i nuovi vaccini contro il vaccino più efficace.

A questo punto la questione diventa metodologica, possiamo fare degli studi di superiorità o accontentarci di studi di non inferiorità?

Uno studio di superiorità ovviamente sarebbe ideale ma io penso alle conseguenze pratiche che questi studi potrebbero avere. Come è possibile riuscire a fare uno studio di superiorità contro vaccini la cui efficacia è superiore al 90%? Nel caso emergesse una pari efficacia, quindi se lo studio fosse neutro, cosa bisognerebbe fare? Non approvare un nuovo vaccino comunque così efficace? Non utilizzarlo? Sarebbe difficile da giustificare, mi sembra quindi più logico organizzare degli studi di non inferiorità, ovviamente con dei margini metodologicamente adeguati e, nel caso emerga una sostanziale equivalenza, accettarne l’utilizzo. Anche perché di vaccini nel mondo ce n’è assai bisogno.

Noi come Italia siamo certamente in una situazione abbastanza tranquilla in questo momento ma certamente le difficoltà per gran parte del mondo sono evidenti, anche osservando l’andamento del programma COVAX.

È necessario, infatti, pensare anche ai miliardi di persone che ancora non hanno ricevuto niente.


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