Un viaggio di più di mezzo secolo, partito dalle “semplici” scoperte relative al funzionamento dei diversi meccanismi che regolano l’RNA, fino ai vaccini a mRNA contro SARS-CoV-2
Negli ultimi due anni l’RNA ha avuto finalmente il suo momento di gloria: considerato il “fratellastro” del DNA, da sempre più al centro dell’attenzione, si sta ritagliando uno spazio sempre maggiore nella ricerca e nella comunicazione pubblica. Grazie ai vaccini prodotti per contrastare la pandemia di COVID-19, e all’enorme investimento pubblico e privato nel settore, sono stati fatti notevoli passi avanti. Ma la storia delle terapie a RNA non è iniziata con il SARS-CoV-2: una recente review, pubblicata su Experimental & Molecular Medicine, ha ripercorso la storia e le applicazioni di queste terapie, con uno sguardo al futuro.
I farmaci a base di RNA potrebbero essere una soluzione al trattamento di varie malattie, soprattutto quelle non trattabili con altre terapie note, e amplierebbe le possibilità nel campo della medicina personalizzata, utilissima ad esempio nel caso delle malattie ultra-rare.
Usare molecole a base di RNA per la modulazione di vie biologiche al fine di trattare una specifica condizione è il concetto alla base di questa tecnologia. Nel caso delle terapie a base di RNA messaggero (mRNA), un sottogruppo delle terapie a base di RNA in cui rientrano anche i vaccini contro il COVID-19, si tratta di produrre mRNA sintetico e iniettarlo nell’organismo con lo scopo di trasformare le cellule in piccole fabbriche di farmaci. Un’idea incredibilmente semplice, ma rivoluzionaria. I successi che sono stati raggiunti oggi sono il frutto di decenni di ricerca e sviluppo in questo campo: le scoperte chiave sono state diverse e ad oggi le terapie a RNA sono considerate una tecnologia indispensabile per la medicina del futuro.
Le origine delle ricerche
Prima che l’RNA messaggero diventasse un’idea multimiliardaria, era un’area di ricerca isolata e un percorso ad ostacoli per chi – come la scienziata ungherese Katalin Karikò – aveva deciso di concentrare la sua carriera nel settore. L'RNA è stato descritto per la prima volta come un protagonista chiave nel flusso di informazioni genetiche da Francis Crick (Nobel per la medicina nel 1962, condiviso con James Watson e Maurice Wilkins, per la descrizione della struttura del DNA) e fu poi confermato dalla scoperta dell'mRNA, che ha messo in evidenza l'importanza di queste molecole come messaggeri nella traduzione dell'informazione genetica. Il passo successivo fu quello di scoprire che due filamenti di RNA erano in grado di appaiarsi. Questa scoperta è stata fondamentale per la successiva identificazione dei microRNA (miRNA), piccole molecole di RNA che regolano l’espressione genica, e dell’RNA interference (RNAi), meccanismo in cui piccoli frammenti di RNA silenziano l’espressione dei geni.
I primi approcci terapeutici
Nel 1977 fu descritto lo splicing, quel meccanismo di maturazione della molecola di mRNA tramite il quale gli esoni, cioè i segmenti codificanti del DNA, vengono uniti uno con l’altro e gli introni, le parti non codificanti, eliminati. Attualmente è noto che diverse malattie sono collegate a un malfunzionamento di questo processo e la sua modulazione può essere ottenuta con farmaci a base di RNA. A questo si aggiunge la scoperta dei piccoli RNA interferenti (siRNA), che in poco tempo hanno conquistato la ricerca di molecole a scopo terapeutico e che pochi anni fa ha portato all’approvazione del primo farmaco a base di siRNA. La prima applicazione a scopo terapeutico degli oligonucleotidi antisenso (ASO) risale al 1978: una breve sequenza nucleotidica si lega all’mRNA e ne blocca la traduzione in proteina, in questa primo utilizzo per inibire la replicazione del virus del sarcoma di Rous. Furono necessari altri 20 anni per arrivare all’approvazione da parte della Food and Drug Administration del primo farmaco basato su un ASO.
Bisognerà aspettare gli anni ’90 per i tentativi di produzione di proteine specifiche attraverso l’introduzione di mRNA esogeno nelle cellule, ricerche che hanno poi portato alla valutazione di questo procedimento per la produzione di vaccini. Le prime ricerche vennero fatte in campo oncologico e poi arrivarono quelle per le malattie infettive, fino ad arrivare ai giorni nostri e ai vaccini contro il SARS-CoV-2.
Al di là degli aneddoti storici, è ormai risaputo che i farmaci a base di RNA presentano alcune caratteristiche vantaggiose, che li rendono candidati ideali per lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative. Tra questi, le più importanti sono la capacità di colpire quasi tutti i componenti genetici della cellula; la produzione rapida rispetto ad altri farmaci; la longevità della molecola se modificata opportunamente; le possibili applicazioni nel campo delle malattie rare; e l’assenza di effetti genotossici significativi se paragonato alle terapie basate sul DNA.
Le terapie già approvate
In base alla struttura e alle modalità di azione di queste terapie è possibile classificare i farmaci a base di RNA in quattro categorie principali.
- La prima è proprio quella degli oligonucleotidi antisenso, che modulano l’espressione degli RNA bersaglio attraverso un legame specifico alla sequenza obiettivo tramite diversi meccanismi d’azione. Diversi farmaci di questo tipo sono già stati approvati dalle agenzie regolatorie di diversi Paesi del mondo. Esempi sono mipomersen, per il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare (approvato solo negli USA); e inotersen, per l’amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR). Inoltre, diverse sono anche le approvazioni degli ASO che agiscono sul meccanismo di splicing, come nusinersen per l’atrofia muscolare spinale, eteplirsen e golodirsen per la distrofia muscolare di Duchenne.
- I siRNA sono un’altra tipologia e utilizzano la via endogena per modulare l’espressione dei loro RNA bersaglio. Ad oggi sono 3 le approvazioni concesse per i farmaci di questa categoria: patisiran per l’amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR), givosiran per la porfiria epatica acuta, lumasiran per l’iperossaluria primaria di tipo 1 e inclisiran per l’ipercolesterolemia.
- La terza categoria è riservata agli aptameri, particolari costrutti progettati per legare proteine specifiche e modulare la loro funzione. Ad oggi un solo farmaco di questo tipo è stato approvato dalla Food and Drug Administration: pegaptanib, sviluppato per la degenerazione maculare neovascolare correlata all’età.
- Ultima classe è quella degli RNA messaggeri, che per il loro effetto terapeutico sfruttano il fatto che gli mRNA sintetizzati in vitro possono essere tradotti in proteine funzionali dalle cellule. Le modalità di azione sono due, dato che oltre alla classica integrazione di proteine mancanti o assenti, c’è anche l’opportunità di produrre vaccini contro malattie infettive o antigeni tumorali. Tra le approvazioni è impossibile non citare i due vaccini a mRNA contro COVID-19. Considerato il probabile aumento della circolazione di nuove malattie infettive in futuro e l'ovvia necessità di soluzioni a rapido sviluppo ed economiche per prevenirne la diffusione, c'è un forte argomento a favore del fatto che i vaccini a mRNA diventeranno un'arma fondamentale per queste epidemie. Per questo motivo, ma non solo, è probabile che continueremo ad assistere a un gran fermento nella ricerca e a un aumento degli studi clinici per valutare efficacia e sicurezza di queste terapie.
I vantaggi dei farmaci a RNA sono notevoli e potrebbero essere una strategia terapeutica utile per le malattie rare, in cui personalizzazione e costi inferiori possono fare la differenza.
Le prospettive sono buone ma ci sono ancora degli ostacoli da superare per ampliare l’utilizzo di questa tecnica. Una delle maggiori sfide per queste terapie è la somministrazione, che va dai meccanismi di targeting alla somministrazione diretta nell’organo bersaglio, passando per l’incapsulamento in nanoparticelle lipidiche. Obiettivo per il futuro è quindi quello di trovare metodi di somministrazione efficaci e in grado di raggiungere organi e cellule che attualmente restano fuori portata.