• Verso una medicina e ricerca clinica sempre più attenta all’inclusione e parità

    “La necessità di una attenta valutazione e considerazione di sesso/genere in medicina, sanità e ricerca è sempre più evidente e riconosciuta. È ormai appurato come sia importante considerare nella ricerca pre-clinica e clinica gli aspetti relativi sia al sesso, cioè quelli di natura più squisitamente biologica (espressione genica sesso-specifica), sia al genere, con riferimento agli aspetti psico-sociali, culturali ed economici che differenziano uomo e donna nella percezione di una determinata società.”

    È quanto si legge nella prefazione alle Linee di indirizzo per l’applicazione della Medicina di Genere nella ricerca e negli studi preclinici e clinici approvate dall’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere (MdG) durante la sessione plenaria dell’Istituto Superiore di Sanità che si è tenuta il 17 gennaio 2023.

    “Nel corso dei secoli le donne sono state escluse o poco rappresentate negli studi clinici, in quanto considerate non idonee a causa di alcune variabili, in particolare relative al ciclo ormonale. Di conseguenza il genere femminile poteva ricevere diagnosi errate, perdere opportunità di trattamento, ricevere dosi non appropriate di farmaci o, addirittura, ricevere prescrizioni farmacologiche errate” continua il testo, nella parte dedicata alle mancanze e gli errori commessi nella ricerca clinica del passato.

    Il documento, redatto dal gruppo di lavoro “Ricerca e innovazione”, contiene un’esamina sui determinanti di sesso e genere e una serie di indicazioni pratiche e concrete per predisporre protocolli di ricerca pre-clinica e clinico-epidemiologica che ne tengano conto. 

    Secondo queste linee guida tra i fattori da valutare quando si pianificano studi mirati a valutare le differenze di genere ci sono quelli genetici ed epigenetici, i fattori ormonali, quelli legati allo stile di vita e allo stress, gli aspetti psicologici, la fisiologia del microbiota, i fattori legati al sistema immunitario e all’infiammazione, i fattori ambientali e quelli culturali (vedi tabella 1).

    “In assenza di un’adeguata pianificazione degli studi clinici, prevedendo a priori analisi che tengano conto delle differenze derivanti da attributi biologici, ruoli, identità e comportamenti socialmente costruiti di donne e uomini, è molto difficile estrapolare ex-post i risultati ottenuti dall’analisi di dati aggregati.”

    La fase di disegno degli studi clinici è perciò fondamentale per garantire una raccolta di dati disaggregati che portino a risultati di qualità che tengano realmente in considerazione le differenze tra i partecipanti agli studi. Ed è, quindi, importante che i ricercatori si confrontino tra loro sulle migliori strategie e i migliori metodi di lavoro per rendere la ricerca clinica sempre più inclusiva.

    Per questo motivo l’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, per la stesura delle linee di indirizzo, ha coinvolto 34 società e associazioni scientifiche accreditate dal Ministero della Salute che a fine novembre 2022 si sono riunite per presentare i progetti di ricerca in corso nei quali si sta applicando concretamente la Medicina di Genere.

    Durante questo incontro sono state delineate anche le 10 priorità dell’Osservatorio e delle società scientifiche nell’ottica della medicina di genere. Tra le più importanti ci sono la formazione sul tema, la collaborazione tra i ricercatori e la condivisione dell’esperienza acquisita.

    “Nella comunità scientifica cresce la consapevolezza dell’importanza di costruire il futuro della conoscenza biomedica alla luce delle differenze di genere” ha concluso Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, durante l’incontro. “Il lavoro dell’Osservatorio, oltre che a monitorare che avvengano azioni in questa direzione, sarà importante nel creare una base comune di lavoro per la realizzazione concreata della medicina di genere in tutti gli ambiti socio-sanitari in cui questo approccio è in grado di fare la differenza”.

    Tabella fattori differenze di genere

  • Prof. Gino Gerosa (Padova): “L’obiettivo è migliorare l’attendibilità dei dati, facendo in modo che quanti sono arruolati negli studi clinici randomizzati abbiano caratteristiche sovrapponibili a quelle dei pazienti nel mondo reale”

     

    Il progresso nel campo del sapere e la crescente innovazione tecnologica stanno guidando l’evoluzione in molti settori della medicina, fra cui quello della chirurgia cardiovascolare. Tuttavia, la costruzione dell’edifico della conoscenza - e, più dettagliatamente, della pratica clinica - richiede attenzione a quei dettagli che, se trascurati, possono comportare errori tali da far crollare anche i piloni all’apparenza più solidi; questi ultimi sono costituiti dagli studi clinici i quali devono esser pensati e condotti tendendo conto di numerose varianti. Una delle più semplici è la differenza di genere: l’attenzione per le diverse modalità con cui una malattia si presenta nei due sessi o i differenti esiti di un dato intervento nella popolazione maschile e femminile hanno trascinato sotto i riflettori la medicina di genere.

    LA MALATTIA CORONARICA NEL SESSO MASCHILE E FEMMINILE

    Nel gioco di luci e ombre che ciò comporta è emerso un dato sconfortante in merito al differente tasso di arruolamento delle donne nei trial clinici. Pertanto, il primo studio di cardiochirurgia interamente dedicato alle donne vuole costituire una sorta di “esperimento pilota”, essendo destinato al miglioramento non solo della conoscenza nella realizzazione degli interventi di bypass aorto-coronarico (CABG), ma anche all’indagine delle caratteristiche di una popolazione di studio - quella femminile - che attualmente costituisce appena una modesta frazione del campione arruolato. Si tratta dello studio ROMA-Women, che riprende il quesito dello studio ROMA rivolto a capire se innesti arteriosi multipli costituiscano una soluzione migliore rispetto al singolo innesto nei pazienti sottoposti a bypass aorto-coronarico non urgente. La differenza sostanziale è che ROMA-Women si rivolge solo a pazienti di sesso femminile.

    Guido Gerosa“Nelle intenzioni generali gli studi prospettici randomizzati dovrebbero ridurre al minimo la probabilità di bias, cioè di distorsioni”, afferma Gino Gerosa, Professore Ordinario di Cardiochirurgia e Direttore del Centro di Cardiochirurgia Gallucci presso l’Azienda Universitario-Ospedaliera di Padova. “Tuttavia, le popolazioni di individui in essi arruolate rispondono a specifici e dettagliati criteri di inclusione che finiscono per ‘selezionarle’, allontanandole da quelle del mondo reale, solitamente fotografate dai Registri di patologia nei quali è raccolta tutta la casistica di popolazione giunta all’osservazione ospedaliera e sottoposta a una particolare procedura”.

    Per capire meglio il significato di ROMA-Women occorre riflettere su un dato ormai condiviso: quello dell’aumento di mortalità nelle pazienti di sesso femminile dopo infarto acuto del miocardio. “Le donne in età fertile sono protette dalle conseguenze della cardiopatia ischemica in forza del loro assetto ormonale”, prosegue Gerosa. “Purtroppo, dopo la menopausa tale effetto viene meno e la malattia ischemica finisce con l’avere esiti peggiorativi nelle donne rispetto agli uomini dal momento che il lume delle loro coronarie ha un diametro inferiore rispetto a quello dell’uomo e si osservano alterazioni del microcircolo che contribuiscono a indurre l’insorgenza di complicanze post-operatorie in grado di aumentare i tassi di mortalità e comorbidità in misura maggiore rispetto a quanto accade nel sesso maschile”. 

    Proprio da tali medesime differenze scaturisce anche la riflessione di Mario Guadino nel suo articolo di presentazione del trial ROMA-Women sulla rivista Circulation: le conclusioni di un lavoro apparso sulla rivista JAMA Surgery a cui ha partecipato lo stesso Gaudino confermano che su oltre 1,2 milioni di pazienti le donne sottoposte a CABG hanno un rischio di mortalità (e morbilità) operativa decisamente più elevato rispetto agli uomini e tale disparità non è minimamente cambiata nell’ultimo decennio, rendendo necessaria una più attenta revisione dei criteri diagnostici e operativi basati non solo sulle caratteristiche del campione maschile ma anche femminile. 

    UNO STUDIO CLINICO ATTENTO ALLE DIVERSITÀ

    In termini di evoluzione patologica, la malattia coronarica differisce nelle donne rispetto agli uomini essendo caratterizzata da disfunzioni microvascolari e vasospasmi coronarici che, aumentando il rischio di complicanze operatorie, non rendono ottimale l’apposizione di un bypass aorto-coronarico. 

    Il trial clinico ROMA era nato con l’idea di rispondere a uno specifico quesito clinico ma lo squilibrio tra i due sessi nelle fasi di arruolamento - attualmente la percentuale di donne inserite non supera il 15% e non è sufficiente a fornire dati significativi sul rapporto rischio/beneficio della procedura - ha condotto i ricercatori a dubitare che le risposte ottenute al termine delle analisi avrebbero potuto essere sovrapponibili per entrambi i sessi. Da qui è nata l’idea di uno studio tutto al femminile, orientato a ottenere una risposta decisiva nelle donne. 

    Sfruttando le infrastrutture già in uso per lo studio ROMA i ricercatori puntano così a sviluppare una piattaforma di analisi mirata che testi con rigore l’ipotesi di partenza anche tra le donne: l’organizzazione dei database, i moduli di registrazione dei pazienti e quelli per il consenso informato, il sistema di randomizzazione e le risorse utili per la formazione dei presidi coinvolti, finanche le approvazioni normative, i procedimenti del Comitato Centrale di Revisione degli Eventi e la rete di siti partecipanti saranno identici a quelli dello studio ROMA.

    ROMA-Women includerà le donne già arruolate nello studio ROMA, riducendo così le tempistiche del progetto, ma saranno impiegate strategie di arruolamento personalizzate per le donne e sistemi di analisi volti a comprendere le ragioni per cui alcuni centri arruolano più donne rispetto ad altri. “Spesso queste differenze dipendono dai reclutatori”, aggiunge Gerosa. “Bisogna porre la problematica al paziente nel modo giusto, perché questi possa comprendere le potenzialità dell’indagine proposta. La presenza di un nucleo di ricercatori esterni che rivaluti le procedure di arruolamento nei singoli centri sarà utile per fare luce anche sulle differenze di approccio ai pazienti”. Tutto ciò allo scopo di ridurre le eventuali distorsioni in fase di arruolamento. 

    ATTENZIONE ALLE MODALITÀ DI RECLUTAMENTO 

    A tal proposito, un interessante precedente storico legato ai potenziali bias che si possono generare negli studi clinici ha visto protagonista proprio la cardiologia: si tratta di STICH (Surgical Treatment of Ischemic Heart Failure) uno dei maggiori studi chirurgici della medicina moderna. “Con questo trial prospettico randomizzato si volevano offrire risposte sul trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco su base ischemica, ma si finì col giungere a conclusioni diametralmente opposte rispetto alla pratica comune”, spiega Gerosa. “Lo scopo del trial STICH era confrontare i pazienti sottoposti a bypass aorto-coronarico con quelli in cui tale procedura era accompagnata da un intervento di rimodellamento del ventricolo sinistro. Ci si aspettava che questa seconda casistica producesse esiti migliori, invece la differenza tra le due popolazioni non risultò statisticamente significativa e un’analisi più dettagliata ha confermato come ciò sia dipeso in parte dall’esperienza dei chirurgi che praticavano l’intervento di rimodellamento ventricolare, in parte dalla selezione dei pazienti arruolati; infatti, quando era chiaro che avrebbero sicuramente tratto beneficio dalla tecnica di rimodellamento ventricolare, essi non venivano inseriti nel trial per non correre il rischio di vederli finire nel braccio di controllo, in cui tale pratica non veniva eseguita”. Ecco dunque che, in questo caso, in maniera più o meno involontaria, la distorsione dei risultati è stata prodotta proprio dagli stessi sperimentatori. 

    SMUSSARE GLI ANGOLI

    Ma come mai nel 2023 una delle fragilità più evidenti in fase di progettazione e conduzione di uno studio clinico sembra essere ancora la differenza tra genere maschile e femminile?

    “Nonostante in Europa come negli Stati Uniti ci si stia dando da fare per incoraggiare la presenza femminile nei trial clinici, lo squilibrio tra i due sessi rischia di generare ancora dati poco attendibili”

    conclude Gerosa. “Ben venga dunque un trial come ROMA-Women che ha l’obiettivo di limare le differenze e mira a ottenere il reclutamento negli studi clinici randomizzati di pazienti con caratteristiche il più possibile vicine a quelle del mondo reale, prendendo in considerazione tutti i sottogruppi, in maniera tale da applicare i risultati con estrema precisione alla popolazione”. Realizzare studi di costo-efficacia per farmaci e dispositivi medici su popolazioni nel quale a tutte le varianti viene assegnato lo stesso peso statistico sarà dunque fondamentale per portare ai malati - di tutti i sessi - soluzioni personalizzate, efficaci, sicure ed economicamente sostenibili per i servizi sanitari dei diversi Paesi. 

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