• La trasparenza dei dati, le approvazioni di emergenza e il ruolo delle multinazionali del farmaco sembrano punti deboli del processo di valutazione ma non è affatto così. Lo spiegano il prof. Gilberto Corbellini (Roma) e il prof. Michele De Luca (Modena).

  • Oltre il 55% dei risultati di sperimentazioni cliniche non sono pubblicati secondo le tempistiche richieste dalla legge americana.

  • Segnali di apertura da parte della Food and Drug Administration verso la sperimentazione clinica che riguarda i trapianti di organi animali in essere umani.

    Sebbene finora non siano stati condotti studi clinici formali sugli xenotrapianti, negli ultimi mesi diversi medici hanno eseguito procedure straordinarie, singolarmente autorizzate dai comitati etici. Alla fine del 2021, infatti, il trapianto di reni di maiale su due pazienti cerebralmente deceduti ha decretato l’inizio di questo cammino, poi proseguito con un trapianto di cuore su una persona gravemente malata. Se nel primo caso si trattava di persone considerate legalmente morte, nel secondo si trattava di una persona viva ma senza alcuna possibilità di sopravvivenza, motivo per cui è stata comunque concessa l’autorizzazione a procedere. Alla fine di questo complesso percorso dovrebbe esserci l’introduzione degli xenotrapianti nella pratica clinica, ma prima di giungere a quel punto è necessario condurre sperimentazioni cliniche per studiare a fondo tali procedure. Da quando è stato possibile dimostrare la fattibilità di questa tecnica – sebbene in casi unici – i ricercatori hanno iniziato a richiedere all’ente regolatorio statunitense di autorizzare trial clinici dedicati.

    Il numero di persone in attesa di trapianto è molto alto e il problema riguarda pazienti in tutto il mondo: da qui l’urgenza di trovare una soluzione alternativa, in grado di sopperire alla mancanza di organi umani da trapiantare.

    I ricercatori che lavorano in questo settore sperano che gli xenotrapianti possano contribuire a salvare più vite.

    Tra le varie questioni aperte, resta da scoprire se un organo proveniente da animale possa essere in grado di tenere in vita a lungo termine un essere umano altrimenti senza speranza. Prima di arrivare a considerare lo xenotrapianto come pratica clinica standard, è però necessario rispondere alle molte domande rimaste senza risposta, specialmente quelle che riguardano i rischi dello xenotrapianto in sé.

    La situazione attuale

    Attualmente, i dati disponibili sono derivati dai trapianti di organi di maiale in primati non umani, ma questi test hanno dei limiti: se l’obiettivo finale è arrivare al trapianto nell’uomo, sono inevitabili e necessarie prove di efficacia e sicurezza sulle persone. Il maiale è ormai stato scelto come fonte da prediligere per lo studio – e, forse, in futuro la reale applicazione - di questa pratica. Questo perché presenta diversi vantaggi per il trapianto nell’uomo, tra cui la fisiologia e le dimensioni degli organi, la velocità di riproduzione e le conoscenze (e la capacità) in merito all’inserimento di modificazione genetiche utili allo scopo. Infatti, sebbene le singole correzioni genetiche siano basate su studi biologici e in vitro (in pochissimi casi in vivo), il contributo di ogni singolo componente alla tossicità e all'efficacia dello xenotrapianto non è stato rigorosamente testato o misurato. Tra le questioni che restano da analizzare approfonditamente ci sono il rigetto, il rischio di trasmettere virus da maiale a uomo, la scelta dei farmaci più adatti per gestire l’immunosoppressione e l’eventuale influenza di patologie pregresse sulla procedura.

    Stando a una news pubblicata su Nature a inizio luglio, la Food and Drug Administration (FDA) ha discusso con diversi medici in merito alle necessità – mediche e burocratiche – per proseguire con la ricerca nell’ambito degli xenotrapianti. È stata evidenziata la necessità di sperimentazioni sull’uomo per rispondere ai quesiti ancora aperti. Studi clinici mirati, con un numero ridotto di pazienti attentamente selezionati, potrebbero essere un primo passo concreto per ottenere informazioni utili e valutare al meglio queste procedure.

    Visto l’interesse attuale in questo campo, ci sono alcune aziende - luoghi ibridi tra allevamenti e biotech all’avanguardia - che già da qualche anno stanno studiando e allevando, in strutture altamente controllate, maiali geneticamente modificati per la produzione di organi idealmente destinati a uso umano. Le mutazioni genetiche in fase di analisi - effettuate grazie alle tecniche di editing genomico, come descritto in un articolo di Nature uscito ad agosto hanno come obiettivi principali la protezione dal rischio di rigetto iperacuto, dal danno causato dalla risposta immunitaria e dai processi infiammatori. Altre due problematiche che hanno attirato l’attenzione sono la prevenzione della crescita dell’organo dopo il trapianto e il rischio di trasmissione di virus suini all’uomo.

    Studi Clinici in arrivo

    Diversi stakeholder, dalle biotech ai medici, sono quindi interessati agli sviluppi in questo settore e iniziano a spingere verso una raccolta di dati più strutturata – e non basata sui cosiddetti “case studies” - e verso trial clinici in grado di analizzare a fondo le questioni aperte. Facendo una ricerca su ClinicalTrials.gov, database che raccoglie informazioni sulle sperimentazioni cliniche che si svolgono in tutto il mondo, attualmente risulta un solo trial clinico attivo dedicato allo studio degli xenotrapianti di reni di maiale in pazienti con malattia renale in fase terminale. Pubblicato ad aprile, si tratta di uno studio di Fase I che prevede di coinvolgere 20 persone, con lo scopo di studiare il trapianto di reni di maiale in cui sono state fatte 10 modifiche genetiche per ridurre la risposta immunitaria. Il reclutamento e la procedura avverranno nell'arco di 5 anni e il follow-up dello studio si estenderà fino a un anno dopo lo xenotrapianto. Le variabili di esito primario riguardano la sicurezza del paziente, come la sua sopravvivenza e il tasso di trasmissione di malattie zoonotiche. Le variabili di esito secondario comprendono parametri comunemente utilizzati per la sopravvivenza e la funzionalità del trapianto.

    Molteplici discussioni - sia scientifiche che etiche - ruotano attorno alla pratica dello xenotrapianto e, finché i risultati delle sperimentazioni non risponderanno alle domande rimaste in sospeso, questa procedura non potrà ovviamente essere inserita nella pratica clinica.

    Efficacia della procedura e sicurezza per i pazienti restano infatti il primo interesse della ricerca.

    Un primo traguardo, cioè le prime prove di trapianto con organi provenienti da maiali, è ormai stato raggiunto e ora si guarda al prossimo: ottenere le autorizzazioni dagli enti regolatori per condurre sperimentazioni cliniche più strutturate.

  • La Food and Drug Administration (FDA, l’agenzia del farmaco Statunitense), chiede maggiori poteri per assicurare la riuscita del programma di autorizzazione accelerata dei farmaci. La discussione su alcune criticità emerse è giunta anche sulla più famosa rivista di medicina: the New England Journal of Medicine.

    Non è la prima volta che il programma di approvazione accelerata viene posto sotto i riflettori e messo in discussione. Recentemente, numerose polemiche sono nate a seguito dell’approvazione di aducanumab, anticorpo monoclonale contro l’alzheimer, che è stato approvato con questa via prioritaria pur avendo, a dire di molti esperti, prove di efficacia non sufficientemente convincenti a fronte di un costo molto elevato della terapia. 

    La FDA chiede più poteri al congresso

    Sulla scia di questi dibattiti, sono stati gli stessi commissari della FDA a richiedere maggiori poteri al congresso degli Stati Uniti. La motivazione? Imporre alle aziende la realizzazione di studi clinici confermativi a seguito della procedura di autorizzazione accelerata. Il problema è serio perchè questi studi confermativi spesso non vengono conclusi nei tempi previsti ma in molti altri casi non vengono neanche avviati. Nel frattempo però, ed è qui uno dei punti principali del problema, il costoso farmaco rimane comunque disponibile sul mercato. 

    È inoltre evidente che il dibattito non sia più incentrato su un piano esclusivamente scientifico poichè emergono preoccupazioni sulla possibilità che le assicurazioni (base fondante del sistema sanitario americano) possano rifiutarsi di erogare rimborsi per questi costosi farmaci senza che vengano fornite adeguate prove sulla loro efficacia.

    Il programma di approvazione accelerata

    Il programma di approvazione accelerata nasce per nobili motivi nel 1992 quando, sulla scia dell’aumento dei casi di HIV/AIDS, emerse la necessità di fornire nuovi farmaci ai pazienti nel minor tempo possibile. Venne quindi ammessa la valutazione dell’efficacia di un farmaco sulla base di obiettivi surrogati.

    Quindi, per fare un esempio, se dovessimo valutare un farmaco per la prevenzione dell’infarto dovremmo aspettare anni (anche decine) per capire effettivamente quanti infarti sono stati osservati nel gruppo che ha preso il farmaco e compararli ai dati del gruppo di controllo. Ma volendo accelerare il processo, potremmo ritenere sufficientemente valida la misurazione dell’abbassamento dei livelli di colesterolo, ritenendoli correlati alla riduzione del rischio di infarto. Certamente tutto logico, ma la medicina difficilmente è così lineare nei risultati e quindi, dopo l’urgenza dell'approvazione, è anche necessario confermare con più completezza i risultati.

    L’analisi dei dati

    In una recente analisi effettuata sulle approvazioni degli ultimi due anni, è stato constatato che per diversi farmaci non sono stati completati gli studi clinici confermativi o, nel caso in cui questi siano giunti al termine, i risultati non ne hanno confermato l’attività. Nonostante tutto, anche a fronte di risultati che non ne confermano l’efficacia, il farmaco rimane in commercio a prezzi elevatissimi. 

    Paradossalmente, questa disponibilità del farmaco (non efficace) non diventa solo tema di discussioni etiche ma ha anche risvolti pratici sulle successive ricerche cliniche perché molti pazienti preferiscono comunque accedere al farmaco già disponibile piuttosto che partecipare ad uno studio clinico, accettando la possibilità di essere trattati con un altro farmaco o con un placebo. In pratica un cane che si morde la coda. 

    Il disegno di legge Pallone

    A fronte di queste problematiche il presidente della commissione energia e commercio Frank Pallone, ha presentato un disegno di legge per il miglioramento del programma di autorizzazione accelerata di FDA. Il testo prevede che siano ampliate le possibilità di azione per l’agenzia, tra le quali spicca il potere di ritirare dal commercio farmaci che non hanno fornito dati di supporto nei tempi previsti o che non hanno dimostrato l’efficacia prevista. Tra le altre cose, il disegno di legge Pallone prevederebbe anche l’obbligo di presentare la domanda di approvazione accelerata di un farmaco solo dopo l’avvio di uno studio clinico che dovrebbe confermarne l'efficacia. Sono tutti dettagli che già oggi non consentirebbero ad alcuni farmaci di essere liberamente disponibili sul mercato. 

    Nei passaggi valutativi presso la camera dei rappresentati, prima, e della commissione del senato, poi, diversi emendamenti hanno però ristretto la portata di azione del testo originale. 

    La discussione, tuttora aperta e in evoluzione, evidenzia quanto sia ancora difficile trovare un equilibrio tra i legittimi interessi delle aziende e la volontà di rendere disponibili dei farmaci nei tempi più rapidi possibili nel primario interesse dei pazienti.

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